Piove. L’autunno è ormai alle porte, non ci sono santi. Allora decidiamo di dedicare questo sabato alla cultura, cosa non semplice, con un bambino di otto anni.
A novembre chiudono le mostre estive del Forte di Bard, un forte militare che sovrasta l’imbocco della Valle d’Aosta, controllando l’accesso, Napoleone Bonaparte venne inchiodato con i suoi 40mila uomini per una settimana da duecento soldati che dall’alto li bombardavano. Conquistato il forte, decise di raderlo al suolo. Ricostruito ancora più inaccessibile, ha subito la decadenza delle strutture militari. Grazie ad un ardito progetto europeo e dopo dieci anni di lavori il Forte è diventato un’immensa sede espositiva su vari livelli. Propone tre musei (delle Alpi, le Alpi dei ragazzi e del Forte), diverse mostre temporanee, e concerti estivi.
Non c’è molta gente e visitiamo le due mostre dell’estate: L’homme qui marche di Giacometti e le foto di Marilyn Monroe fatte da Best Stern.
Conosco Giacometti ma vedere i suoi disegni abbozzati e le sue figure esili (graciline, dice Jakob) dal vero fa sempre effetto. Provengono dalla fondazione Maeght, di cui ho visto con gli amici di Zaccheo a Saint Paul de Vence lo splendido museo.
Mi immergo (jakob permettendo), cercando di cogliere l’anima dell’artista. Le foto che lo ritraggono, col suo volto scavato, lo rendono simile alle statue che crea nel suo piccolo atelier. Quanta anima nella sua ricerca!
La sera, a casa, ancora scosso, riprendo in mano i suoi scritti:
“Ancora una volta, oggi, primo dell’anno, cerco di scrivere questo testo che mi assorbe da una settimana quasi esclusivamente, ma ogni giorno la difficoltà di trovare le parole, di costruire frasi, di giungere a un insieme compiuto diviene più grande.Ieri singhiozzavo interiormente di rabbia di fronte alla totale deficienza dei miei mezzi espressivi, di fronte a queste frasi senza peso, sommarie, e che non dicono affatto quel che voglio. Tuttavia devo cercare di venirne fuori.”
Mi vengono i brividi, avendo iniziato questa settimana un nuovo libro.
E leggo anche in una sua intervista della sua prima scultura in plastilina, fatta a tredici anni, per imitare il papà pittore e del fatto che, candidamente, artista di successo, sconsolato dicesse di avere passato tutta la sua vita a cercare di finirla, senza riuscirvi.
Dopo questo bagno di interiorità passiamo alle foto di Marilyn. Incredibili.
Sono state scattate qualche giorno prima della sua tragica morte.
Foto di un mito, tecnicamente eccellenti, estreme, sensuali. Eppure dietro quello sguardo c’è una tristezza infinita. Una donna in conflitto fra il sé e l’immagine di femme fatale.
Si intravvede la pelle del viso leggermente gonfia, da alcolista.
In un solo scatto gli occhi sorridono,infine.
Penso, fra me e me, che se i due si fossero incontrati, Giacometti e Marilyn, forse si sarebbero aiutati.
Usciamo, piove ancora. Mente e cuore gonfi.
Jakob stringe in mano un pelouche comprato al bookshop, una bella giraffa.
L’ha appena chiamata Gigi Raffa.
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