Ho portato Jak a musica, si stanno preparando ad un piccolo saggio nel suo corso di propedeutica. Un piccolo percorso per fargli apprezzare la bellezza del suono e, grazie al suo maestro e ai suoi compagni, mi sembra che l’obiettivo sia stato centrato.
L’Istituto musicale è dietro la Cattedrale e decido di fermarmi lì per pregare un momento e per lavorare mentre aspetto che esca: ho una consegna per metà giugno e non posso permettermi il lusso di perdere un’ora, visto l’insieme degli impegni. Quando sono in viaggio c’è poco spazio mentale e allora ne approfitto quando sono nella mia tana.
Sono anche curioso: hanno appena inaugurato la nuova cappella feriale restaurando una cappella laterale dedicata alla Madonna, neogotico ottocentesco, niente di che, ma so che sono capaci di far diventare belle anche le opere minori. Infatti non resto deluso e mi fermo in preghiera per qualche momento. Poi mi siedo fra i banchi della grande Cattedrale: dominata, al centro, dal gigantesco crocifisso quattrocentesco, in fondo le vetrate originali gotiche illuminano la penombra delle navate. Davanti all’altare stanno provando un gruppo di giovani: stasera fanno il concerto di fine anno. Sono gli allievi del nostro Istituto, quello in cui va Jakob, e questa è loro orchestra. Apro il portatile mentre la direttrice, una giovane studentessa, fornisce gli ultimi avvisi: gli archi, i legni, i fiati… ci sono proprio tutti.
Iniziano qualche battuta: Beethoven. Bene. sono proprio bravi. Sono costantemente distratto dalla musica che inonda tutta la chiesa: le volte gotiche creano un effetto riempitivo impressionante. Quando gli orchestrali calcano i “forte” della partitura mi vibra anche la cassa toracica. Wow. Un regalo inatteso, direi.
Continua così per un’ora: io che scrivo di Dio, loro che suonano. Un concerto privato, di fatto.
Il potere della musica è straordinario, non c’è che dire.
Osservo i ragazzi che suonano, tutti adolescenti, qualche universitario, forse. Vestiti come gli altri giovani: i ragazzi più carini tutti pettinati da saga Twilight, le ragazze con i loro jeans strappati e i tatuaggi al polpaccio. Sono buffi vestiti così, con i loro percing e il loro fare alternativo. Uno dei contrabassisti ha un improbabile ciuffo viola, di quelli che si usavano quand’ero giovane io. Eppure eccoli, attenti alla partitura, tesi nella discreta direzione della loro coetanea, a eseguire musica di giovani come loro, morti da duecento anni.
Uguali a loro, nel desiderio di inseguire la bellezza. Tutti identici, tutti assetati.
Sorrido, tanto. Quanto è bella la vita. Quanto è simpatico Dio. Quanto sono belli i giovani.
Spero non leggano i quotidiani, per non cadere nello sconforto, bollati come sono, vittime innocenti di adulti che non hanno saputo dar loro un mondo decente. Poco importa, eccoli, illuminati dalla luce radente del sole che entra da una finestra laterale, creando un effetto scenografico degno di un film.
Prego per loro, così, per caso. Abbiano luce e pace e realizzino i loro sogni, conoscendo Dio.
La direttrice alza la bacchetta: una battuta di silenzio. Poi iniziano i corni, una melodia struggente.
La pavane di Ravel.
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