Non ci viene molta, gente, ovvio. Bisogna venirci apposta, scendendo verso Kerak, una delle più grandi fortezze crociate, tristemente famosa per la ferocia di uno dei suoi gestori, Rinaldo di Chatillon, che ebbe l’onore di essere giustiziato personalmente da Saladino. Vengono pochi turisti, sottolinea la guida: siamo alle soglie dell’altopiano che attraversa la Giordania da Nord a Sud, davanti a noi si estende la meravigliosa valle del Giordano, in basso, in fondo. Su un cocuzzolo che si raggiunge a piedi attraverso un sentiero a gradoni ci sono i resti del palazzo di Macheronte, il luogo dove venne giustiziato il Battista.
Il vento soffia potente, là in alto: ci sono le tracce dell’imponente costruzione che sorgeva in mezzo al nulla. Molto più in basso hanno trovato i resti del porto cui si attraccavano le navi per permettere a Erode di salire quassù, ai confini del suo inutile impero. Qualche colonna, resti di mura, in basso delle grotte: in una di queste restò prigioniero Giovanni, prima di essere decapitato.
Notizie certe scritte da Giuseppe Flavio e l’aura di maledizione resta sulle rovine della fortezza rasa al suolo dai romani, dopo la seconda rivolta giudaica. In alto, con i pellegrini, preghiamo per i tanti martiri di ieri e di oggi. Che pena pensare al grande Giovanni ucciso per la permalosità di una donna e per l’ignavia di un re fantoccio che aveva paura di rimangiarsi una parola detta di fretta, complice il vino.
Misteri della logica di Dio. Dopo duemila anni siamo qui a cercare le tracce del profeta, non del re presuntuoso.
Sic transit.
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