La quaresima ci è data per fare il punto della situazione riguardo alla nostra fede. quaranta giorni in cui, come il Signore Gesù, cerchiamo di fare un po’ di deserto intorno a noi per capire se e come andare avanti nel percorso di fede. Un tempo in cui ascoltare l’invito pressante che Gesù rivolge ai suoi concittadini: convertitevi e credete al Vangelo.
La conversione, di solito, avviene in due modi: istantaneamente, a seguito di un evento particolare, un pellegrinaggio, un ritiro, una confessione e diluita nel tempo, con costanza negli anni. Chi studia questo fenomeno ci dice che l’adolescenza resta il momento privilegiato per incontrare Dio. Fa sorridere: noi adulti consideriamo l’adolescenza una quasi malattia, Dio, invece, sapendo che è un’età spalancata alla vita, si fa sentire. Ma non rischia di essere una delle tanti emozioni vissute a quell’età? Certo, il rischio esiste. Eppure la conversione passa anche dall’emozione e la verifica di quanto abbiamo vissuto sta nel confrontarci dopo decenni: crediamo ancora in Dio? E nei momenti di buio, di dubbio, ci riportiamo con la mente a quegli eventi? Dico sempre a chi mi chiede consiglio: segui il tuo istinto. La fede si nutre di ragionevolezza e di Parola, di preghiera e di comunità, di sacramenti e di azioni. Non basta un evento forte per convertirci ma la conversione si misura giorno per giorno lungo tutta la vita.
A volte la vita di fede non procede come avremmo pensato e desiderato (non ditelo a me!) ma il Signore sa condurci ai pascoli erbosi come egli desidera, se lo desideriamo. Da questo punto di vista, l’unico rischio della preghiera è che DIo ci ascolti e faccia veramente la sua volontà.
In queste settimane rinvigoriamo la nostra ricerca di Dio. Lo abbiamo già trovato, meglio, ci ha già trovato, ma sappiamo quanto ancora ci manca della sua conoscenza. La fede è sempre un “già e non ancora”.
Foto di Martina Egli
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