Giovanni è una sorpresa nel tiepido mondo religioso giudaico dell’epoca: da secoli mancavano profeti, da tempo la Parola languiva.
Alcuni (ingenui!) avevano pensato che la ricostruzione del tempio e la nuova classe sacerdotale avrebbero ridato vigore e impulso alla spiritualità. Come spesso accade, invece, dopo i primi momenti di entusiasmo videro che la classe sacerdotale, e il sommo sacerdote in particolare, era maggiormente interessata a difendere la propria nuova posizione di potere e a intrattenere buoni rapporti con Roma che a curare la spiritualità del popolo.
La parola di Giovanni giunse come una scudisciata in pieno volto, piombò sulla popolazione di Gerusalemme con la forza delle parole di fuoco di Elia il tisbita o di Geremia. Giovanni invitava a convertirsi, diceva di non fidarsi delle mura del tempio, proponeva un percorso interiore di verità, non di apparenza.
Riascoltiamo le sue parole:
Alle folle che accorrevano da lui per farsi battezzare, egli diceva: «Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire all’ira ormai vicina? Dimostrate piuttosto con i fatti che vi siete veramente convertiti e non cominciate a dire tra di voi: “Noi come padre abbiamo Abramo”. Io vi dico che Dio è capace di suscitare veri figli ad Abramo anche da queste pietre. La scure è già posta alla radice degli alberi: ogni albero che non fa frutti buoni, sarà tagliato e gettato nel fuoco» (Lc 3,7-9).
Giovanni segue, nella sua vibrante predicazione, lo schema dei grandi profeti della storia di Israele: scuote e rimprovera, scortica e provoca. Uomo austero e carismatico, masticato da lunghi anni di penitenza e di digiuno, Giovanni rappresenta un modello che Gesù stesso ammirerà, pur superandolo.
Accade anche a noi, oggi, di essere affascinati da persone particolarmente carismatiche e seduttive, coerenti ed energiche.
La Chiesa necessita di profezia e di profeti, di posizioni scomode e all’apparenza irriguardose, per mantenere vivo il carisma fecondo del Vangelo. È bello che ancora oggi ci siano dei cristiani che, sentendo di appartenere alla Chiesa, compiono scelte di pace e di giustizia, a volte estreme, che richiamano tutti, cristiani in primis, alla coerenza. Guai a spegnere lo spirito della profezia!
A volte è la Chiesa intera a dover essere segno profetico nel mondo, come quando (finalmente!) assume una posizione di netto rifiuto di ogni forma di violenza e di guerra, fosse anche motivata da nobili ragioni (che quasi mai si rivelano del tutto nobili).
Nello stesso tempo bisogna distinguere i profeti dai rompiscatole.
In ogni comunità c’è il polemico che si sente un po’ profeta, in ogni presbiterio il prete che assume posizioni forti. Gesù invita a mitigare la severità e la polemica, mettendo al centro di ogni relazione, sempre, il bene maggiore dell’amore.
Amore che esige franchezza e richiamo, certo, ma pur sempre amore.
Anche i profeti, insomma, devono stare attenti a non porsi fuori dalla norma assoluta del Vangelo.
Giovanni stesso resterà travolto dalla sua profezia: la sua franchezza e la sua violenza verbale lo porteranno, lo sappiamo bene, a un tragico epilogo, a una tristissima storia di donne permalose e di re ignavi (cfr. Mt 14,3ss).
(Che buffo Dio: Erode pensa di essere potente; Erodiade, sua cognata, pensa di avere diritto di vita e di morte e fa uccidere Giovanni per la sua permalosità. Nessuno si ricorderebbe di loro se non avessero ucciso un profeta. Come nessuno si ricorderebbe di Pilato o di Erode il Grande. La storia scritta da Dio è molto più divertente di quella scritta sui libri dai vincitori!)
Eppure, pur avendolo atteso, pur avendolo conosciuto e riconosciuto, anche Giovanni dovrà convertirsi, cambiare idea sul Messia.
No, Gesù non userà nessuna scure, e non sarà l’ira divina a caratterizzare la sua predicazione ma, al contrario, lo splendido volto del Dio misericordioso. In una tenerissima pagina, anche Luca ci fa parte dello stupore e dello sconcerto del battezzatore:
Giovanni chiamò due discepoli e li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Quando arrivarono da Gesù, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”». In quello stesso momento Gesù guarì molta gente da malattie, da infermità, da spiriti cattivi; e a molti ciechi ridonò la vista. Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni quello che avete visto e ascoltato: i ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono mondati, i sordi odono, i morti risorgono, ai poveri viene annunziata la buona novella.E beato colui che non si scandalizza di me» (Lc 7,18-23).
Gesù non viene a castigare. Il suo regno non si basa sul timore, non fa leva sui sensi di colpa. Gesù viene a liberare gli uomini da ogni paura, per svelare il volto di un Dio che salva, che opera, che agisce.
Dio ci spiazza sempre
Spiazza anche i profeti.
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