Domenica uggiosa, niente montagna e voglia di riposare dai tanti giri che sto facendo.
In settimana, come voi, sono rimasto molto preso dalle vicende libiche. Non tanto per la palese ipocrisia delle nazioni coinvolte (Italietta in testa) che intervengono a liberare il paese da un despota ed evitano di alzare troppo i toni con un altro despota, quello siriano. E nemmeno tanto per il fatto che in Libia, ora, regna il caos sovrano con il rischio reale di balcanizzare la situazione. Sono rimasto scosso, come qualcuno di voi ha già notato nel post precedente, dall’orribile fine di Ghedaffi. Fine ostentata, corpo vilipeso, straziato, offeso.
Molti commentatori hanno sottolineato sui giornali il fatto che quella è la fine di tutti i despoti, da Mussolini a Ceausescu. E che la rabbia degli oppressi non giustifica ma rende comprensibile la ferocia che abbiamo visto. Sarà.
Come cristiano avverto un profondo senso di disagio per due ragioni.
La prima è la percezione che il girone infernale delle vendette non si spezza se non con la giustizia e il perdono. Il carnefice di ieri è stato sbranato dai carnefici di domani. Sarebbe stato un bel messaggio per il mondo se il colonnello fosse stato semplicemente arrestato e processato per i suoi innumerevoli crimini.
La seconda ragione è più profonda: io credo che in ogni uomo, anche se nascosta, obnubilata, rinnegata, sia presente una scintilla della presenza di Dio. Mancare di rispetto ad un uomo, anche se è un orribile assassino, significa mancare di rispetto a Dio. E le scene strazianti di quell’uomo sanguinante ed impaurito, come ogni uomo è impaurito davanti alla propria fine, mi ha fatto pensare ai tanti uomini straziati dai violenti, dai tanti Cristi che ancora continuano a morire.
(Non era il caso di riportare l’ennesima foto sanguinante, preferisco un’immagine che ci richiami a qualcosa di più leggero. Buona domenica)
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