In queste settimane la liturgia ci invita a riflettere sul peccato e sul perdono. Devo dire che l’idea che noi cristiani abbiamo di peccato è un po’ approssimativa, e quella che ne ha il mondo intorno assolutamente grottesca. Esiste il peccato? Oggi si tende a negare questa realtà, parlando al limite di fragilità interiore o di senso di colpa. Attenti amici: il senso di colpa non è in alcun modo un peccato. Del peccato ha solo l’apparenza, ma non porta a conversione e, normalmente, non coinvolge la libertà. Per commettere un peccato dobbiamo poter scegliere di negare l’amore, ostinarci in questa chiusura di cuore. Uno dei termini più usati nella Bibbia per indicare il “peccato” significa: fallire il bersaglio dell’arco. Fare cilecca, insomma! Fallire il bersaglio, non realizzare il progetto, sbagliare ciò a cui sei chiamato: questo è il peccato. Se sei convinto di sapere tu qual è la tua vita, non ascolti ciò che Dio ti sussurra al cuore e fai di testa tua, allora auguri, ne hai bisogno! Ho l’impressione che l’uomo fatichi a percepirsi peccatore perché crede che dire: “sono un peccatore” equivalga a dire: “non valgo a nulla.” Ma non è questo, per niente! Il peccato è la percezione dell’uomo di essere fatto per qualcosa di enorme e di accontentarsi della mediocrità. Se scegliamo la gestione della nostra vita senza coinvolgere Dio corriamo il rischio di fallimento totale! Il peccato è dire “no” all’amore. Ma: cosa significa dire “no” all’amore? Dobbiamo essere concreti: conosco persone che in nome dell’amore (che confondono con le proprie lune), fanno un sacco di danni. L’amore è concreto, reale, fattivo. Dire a una persona: “mi stai a cuore” sull’onda dell’emozione per poi trascurarla per anni, non è certo un modo di amare. Non inganniamo noi stessi, non giochiamo con Dio! In questo senso, con tutto il rispetto per il passato e per i concetti altrui, dire che il peccato offende Dio è sbagliato. Ve lo vedete Dio, offeso, che fa il muso? No. Al limite Dio ci guarda con tristezza e dice: “Ma guarda: l’ho fatto come un’aquila e lui è convinto di essere un pollo ….” Dio è dispiaciuto del peccato, certo: è dispiaciuto di non riuscire ad amarci.
È Dio che ci ha costruito, lui sa come funzioniamo, sa bene cosa ci rende felici. E invece no: abbiamo il libretto di istruzioni che è la Bibbia, lo mettiamo nel cassetto e improvvisiamo. Liberi di farlo, ma non lamentiamoci se anche noi ci inchiodiamo! L’uomo moderno rifiuta il concetto di peccato, si rode in inutili sensi di colpa, fa di tutto per negare Dio, salvo poi lamentarsi che non trova in sé la felicità. Mi chiedo: in questo tempo di grande libertà dove ciascuno decide cosa è bene e cosa è male, in cui ci siamo finalmente liberati dell’insopportabile giogo della presenza di Dio, avete la percezione che l’uomo sia più felice?
Qualcuno mi dice: “il peccato è un’invenzione dei preti per tenere sottomesse le persone”, Bé, mi cascano le braccia … Che bugie ci raccontiamo pur di non ammettere che possiamo tragicamente giocare male, malissimo la nostra libertà! Il dramma della libertà è che l’amore lascia liberi anche di non essere riamati e l’inferno, che esiste, è il luogo in cui uno basta a se stesso. Spero di tutto cuore che sia vuoto, che ogni uomo, all’ultimo momento, abbia un barlume di fede per accorgersi cosa si è perso tenendo Dio fuori dalla sua vita.
Questa è la conversione: la tua vita, finalmente, si apre all’amore. In questo senso il peccato è l’antiumanità, è tutto ciò che è contrario alla piena realizzazione dell’uomo: la violenza, la solitudine, il creare solitudine, l’ingannare gli altri nei loro sentimenti … e in questo, credo, tutti noi abbiamo un po’ di responsabilità.
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