E’ una riflessione che ho fatto, qualche giorno fa con un amico, mettendo insieme alcune notizie che negli ultimi mesi hanno riempito la nostra cronaca. L’accusa di violenza sessuale (!) rivolta al potentissimo Strauss-Kahn, le vicende da film erotico di serie “B” del nostro premier, la dilagante pornografia servita a domicilio ai nostri pc (leggo da un’inchiesta seria il 9% delle studentesse americane hanno girato un film porno e la parola “sex” resta ancora la più digitata sui motori di ricerca dai maschi in ufficio) ci dicono chiaramente che la questione sessuale in occidente è ben lontana dall’essere vissuta con serenità. Se persone potenti e ricche sono travolte dai propri istinti sessuali, in una sorta di gioco al massacro, di delirio di onnipotenza, di non accettazione dell’invecchiamento significa che la relazione uomo/donna e il ruolo della sessualità fanno ancora i conti con le tenebre che portiamo in noi stessi.
In tutte le culture la sessualità è stata vista come taboo, cioè come una forza misteriosa e potente che può farci compiere pazzie, perciò va controllata. Tutte le culture hanno definito i contorni dell’uso della sessualità, per evitare scontri tribali, per evitare guerre inutili (chiedetelo alla città di Troia e alla signorina Elena!) e una delle teorie che mi affascinano sul ruolo della donna è la stretta protezione, da parte del clan, del preziosissimo dono della fecondità (una donna può generare 10/12 volte nella vita, va protetta!) rispetto all’uomo, capace di generare migliaia di volte e, perciò, sostituibile (e allora mandiamo lui a fare la guerra!).
Alcuni studiosi riflettono sul fatto che la porneia è il primo gradino della manifestazione dell’amore, è il gesto del neonato che cerca il seno della madre per sfamarsi. Se questo è un istinto naturale nel neonato, diventa inquietante ritrovarlo nell’adulto che usa l’altro per soddisfare un bisogno! La relazione diventa, in questo caso, un incontro di solitudini che, consenzienti, usano dell’altro e si fanno usare. La visione biblica, da sempre, pone la sessualità in un orizzonte di progetto, di rispetto, di dono reciproco, per convertire anche l’istinto, per dargli un indirizzo, un altrove di riferimento.
La preoccupazione del risvolto sociale della sessualità ha incrociato, ovviamente, anche la riflessione biblica e cristiana. Ma la cosa straordinaria è il fatto che la Bibbia fornisce delle chiavi di interpretazione che integrano e superano una visione “tribale” della sessualità, conferendole nuova forza. Spesso la Chiesa è stata accusata di sessuofobia e bisogna ammettere che il rapporto fra sessualità e religione cristiana ha avuto dei momenti di vera tensione.
La rivoluzione sessuale in occidente ha voluto liberare la sessualità da ogni vincolo morale e religioso, finendo col proporre una visione della sessualità slegata dalla funzione riproduttiva del sesso. Se questo ha avuto degli effetti benefici sul ruolo della donna e anche sulla riflessione della Chiesa che ha accentuato il significato di manifestazione del bene nel rapporto sessuale, accanto a quello riproduttivo, il grande danno che ha portato questa visione è la “cosificazione” del gesto sessuale che diventa uno dei tanti linguaggi che possiamo usare per comunicare con l’altro.
Oggi, però, la società fa i conti con un’anarchia che umilia la donna e la funzione del sesso. Liberata dall’opprimente morale cattolica, la società rischia di ridurre la sessualità a manipolazione dell’individuo (qualcuno l’ha brutalmente definita una masturbazione assistita!) o, peggio, a manifestazione di potere (ka velina seducente, il vecchio miliardario bavoso).
E così, da ridere, ci ritroviamo a dover rispolverare ciò che di equilibrato e giusto deriva dalla visione biblica dell’uomo e dell’amore, per ridare un’anima ad una visione dell’uomo e della donna sempre più povera.
Per non diventare una pornocrazia.
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