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In questi giorni di discussione sul futuro della Fiat mi torna in mano una serie di appunti scritti qualche anno fa. Molti amici remano con fatica per tenersi il lavoro e io stesso, ormai da tempo, vivo “inventadomi” un lavoro guardando al futuro a non più di sei mesi di distanza (con serenità e fiducia)

Ho l’impressione che proprio sul tema del “lavoro” si giochi una titanica battaglia tra il Bene (l’uomo, la sua dignità, la solidarietà, la sua compartecipazione allacreazione) e il Male (“mammona”, il profitto appunto, il calpestare l’altro…) E il rischio è che le arti seduttive del male, d’accordo con la nostra “libertà” di scegliere da che parte giocare, possano far perdurare questa battaglia all’infinito…

Ci vuole un grande colpo d’ali da grande “sognatore”, come è Dio, che nonostante noi, scommette su di noi, per evangelizzare questo mondo del lavoro diventato anti-umano

La Bibbia, poco conosciuta, ha una prospettiva molto complessa del mondo del lavoro. Cerco di sintetizzarne il percorso: anzitutto la Parola sottolinea il valore del lavoro. Dio stesso lavora per creare il mondo e alla fine si riposa. L’opera della Creazione è affidata all’uomo, il giardiniere dell’Eden, che è chiamato a continuare la Creazione usandone con parsimonia e rispetto le risorse; l’uomo è il completatore della Creazione, l’artista che compie l’opera di Dio. Il lavoro, però, realizza l’uomo solo se vi è una finalità, che non è l’accumulo del denaro, ma la dignità del mantenere sé e la propria famiglia. Lo shabbat ricorda la differenza fra un lavoro schiavizzato (come avveniva in Egitto) da uno legato al proprio impegno. La Bibbia è severa verso l’ozio, esaltato dalla cultura romana, considerandolo una perdita di tempo. Ma la Scrittura non sottovaluta la pena del lavoro che, come ogni realtà umana, è soggetta al peccato. Il lavoro può diventare strumento di oppressione o di alienazione, entrare nella perversa logica del peccato che uccide la dignità. Il lavoro resta comunque realtà penultima, che non va enfatizzata e anche se uno fatica tutta la vita il suo risultato è minato dalla morte, come ricorda causticamente Qoelet. Un altro aspetto presente nella Scrittura è il concetto di redenzione del lavoro. Sono impressionanti le numerose norme di tutela del lavoratore presenti nella Bibbia: Dio prende le difese del salariato e dell’oppresso. Lo shabbat ricorda il valore del riposo e la relatività di ogni fatica e impresa umana. Infine dobbiamo ricordarci di Cristo e il lavoro: Gesù è conosciuto come un lavoratore, usa il mondo del lavoro come continuo riferimento per la sua predicazione e le sue parabole e, dopo di lui, tutti i cristiani hanno sentito molto vicina questa sua presenza, da san Paolo al monachesimo cenobitico che pone il lavoro e la preghiera come pilastri della nuova civiltà cristiana dei monasteri. A partire da questi semplici dati biblici cerco di tirare alcune conseguenze ben declinabili nella nostra realtà. Anzitutto occorre ribadire che il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro. Occorre ricordarlo ad un capitalismo e ad un liberismo impazziti e autoreferenziali che si propongono come unico modo efficace di concepire l’organizzazione dell’economia. Al centro dell’economia non vi è il profitto ma il bene comune, anche la logica di mercato va assoggettata al bene supremo che è l’uomo: “Non esistono leggi economiche insormontabili” come ricorda il catechismo degli adulti della CEI, e “Occorre adattare tutto il processo produttivo alla persona”, come dice il Concilio (GS 67). A chi propone il modello liberista come necessario i cristiani ricordano che è l’uomo che fa le leggi e le disfa e che se un progetto è condiviso su larga scala è in grado di rivoluzionare un modo di pensare che sembra ineluttabile. Perché, ad esempio, noi cristiani non boicottiamo la spesa nei giorni festivi per dare la possibilità a quei fratelli di vivere il giorno del Signore? Siamo degli acquirenti e anche la più grande multinazionale teme il giudizio del consumatore. Perché non riappropriarci del nostro ruolo semplicemente creando una condivisa opinione che faccia pressione sulle logiche di mercato? La falsa illusione dell’arricchimento facile che ha portato al lastrico numerose famiglie che si sono lanciate in borsa (dai Bond argentini alla Parmalat) dovrebbe averci insegnato ad immaginare un’economia che non resti legata alla logica del profitto ma sia lungimirante per il futuro. Il libero mercato è una buona cosa perché esprime la libertà dell’essere umano,  ma è sempre soggetto alle leggi di equità e di giustizia. Forse occorre operare un ripensamento al modello italiano del Welfare che ha permesso all’Italia del dopoguerra di diventare grande, senza ingenuità ed eccessi che hanno minato profondamente la possibilità di immaginare una società veramente solidale.

12 Comments

  • ww, 13 Gennaio 2011 @ 22:57 Reply

    “Il lavoro è per l’uomo, non l’uomo per il lavoro.”
    E’ (sicuramente) lavorando che diventiamo più uomini.
    E’ (anche) lavorando che incontriamo altre persone e impariamo a rapportarci con loro.
    E’ (soprattutto) lavorando che ci esprimiamo come persone e possiamo testimoniare il nostro essere cristiani.
    E’ lavorando che contribuiamo al bene comune.

    Lungi dal farne un manifesto politico, credo che se lavorassimo un po’ meno ciascuno ma lavorassimo tutti (senza andare lontano, io oggi ho lavorato dalle 9 alle 20, mia cugina – superlaureata – è a spasso da settembre), avremmo veramente tutti le stesse opportunità di crescere, anche nella fede.
    Perché il lavoro resterebbe “una realtà penultima”, come dice Paolo.

    I guasti del mondo del lavoro di oggi io li ricondurrei al fatto che al lavoro attribuiamo un’importanza primaria…
    io che ce l’ho (e come me chi ce l’ha) perché mi sembra giusto, corretto e cristiano farlo bene, e chi non ce l’ha perché non ce l’ha e senza un lavoro non può vivere dignitosamente.

    Un abbraccio a tutti e un invito – che rivolgo a me per prima – a conservare la capacità di essere solidali.

  • Marco Co, 14 Gennaio 2011 @ 01:06 Reply

    Premetto che non amo affrontare qestioni legate alla sfera della vita sociale in quanto spesso sociale e politica si intrecciano e fanno degenerare il confronto anche nel mio quotidiano vivere. Un po’ idealista? Forse ma non troppo. Sono tentatto di approfondire la dottrina sociale della Chiesa che per lunghi anni è stata la grande assente nella mia vita ma ancheb nelle nostre stesse comunità cristiane e cattoliche.
    Sono consapevole del fatto che spesso sociale politica e fede rischiano di farmi arrabbiare piuttosto che riflettere soprattutto quando in certe realtà tra cui anche la mia parrocchia nativa vengono affrontate con spirito provocatorio e poco costruttivo.

    Ritengo tuttavia che profitto e concorrenza siano leggi di un mercato libero e moderno che hanno saputo creare ricchezza e benessere. Non li vedrei in assoluto come male, semmai è l’uso che fa l’uomo della richezza. Certo il profitto o la richezza fine a se stessi non producono certo bene e si cade in un ottica egoista.

    Non voglio più ricadere negli anni della contrapposizione padrone-lavoratore, ma si trovino forme di dialogo e collaborazione nel rispetto degli interessi di ciascuno e rispettando sempre la dignità dell’uomo.

    Saluti a tutti.

  • Lucia1, 14 Gennaio 2011 @ 07:59 Reply

    Grazie Paolo, per questo post.
    In questi giorni, in cui i fratelli della Fiat sono chiamati al referendum passando sotto il giogo di quello che “sembra” (non ho certezze assolute in merito) un ricatto, mi sono chiesta spesso: io cosa farei al loro posto? Gesù cosa farebbe e direbbe in quella situazione? Confesso che non ho saputo darmi alcuna risposta.
    Certo Gesù mette davanti a tutto il bene della dignità della persona, ma in questa situazione in cui non c’è scelta chiara tra un “bene” e un “male”, qual è la scelta che Lui farebbe?
    Vi sarei grata se mi aiutaste a darmi una risposta motivata biblicamente, perciò evitando di cadere in facili ideologie che non sono utili per far crescere la nostra fede e potrebbero far degenerare il dialogo.

    Grazie a tutti.
    P.S. Non vorrei disturbare il tuo lavoro, Paolo, ma vorrei sentire anche la tua opinione di esperto.

  • Vera, 14 Gennaio 2011 @ 20:13 Reply

    Grazie Paolo.
    un commento un po’ lungo il mio e lo divido in due parti:
    1
    L’Otium per i latini era molto diverso da come noi intendiamo l’ozio adesso.
    E io credo che un po’ di sano Otium antico, farebbe bene alla Classe Dirigente del nostro Paese, così come a tutte quelle persone nel mondo che giocano col Potere e con la Vita di molti uomini e donne. Una Sana Riflessione Intellettuale, con la cura del proprio Corpo oltre che della propria Mente, porterebbe chi decide e comanda a un maggior rispetto degli altri esseri umani. Anche senza scomodare etiche e religioni. E vivremmo tutti un po’ meglio.
    Il lavoro:
    Subito mi viene in mente il paolino “chi non vuole lavorare nemmeno mangi” e tutte le esortazioni di questo tipo… e i Salmi che parlano del lavoro come di un’attività che può essere benedetta da Dio… in aggiunta ai bellissimi passi e visioni del lavoro nella Bibbia che già Paolo ci ha ricordato, e a quello, sempre per me un po’ difficile, in cui dopo esseresi riconosciuti nudi, Adamo ed Eva si trovano “rispettivamente” a dover sudare per guadagnarsi da mangiare e soffrire per partorire i figli.

    Poi mi viene in mente anche la parabola in cui ai lavoratori dell’ultima ora viene dato lo stesso salario di quelli della prima. Insomma, penso allora che Dio non è certo un capitalista. E come ho sentito dire in un’omelia poco tempo fa non è neanche un buon esperto finanziario o un buon matematico, pur amando Egli il rischio, proprio perché continua a fidarsi di noi…
    … e, dico io, continua a darci da amministrare il suo splendido giardino ridotto male e ad affidarci delle responsabilità, la vita di altri nelle nostre mani. Mi vengono i brividi. Uomini sfruttati umiliati ridotti in schiavitù. Come ne vediamo tutti i giorni, a volte solo guardandoci allo specchio…
    Ma Dio non è un capitalista come Gesù non era un comunista o un socialista… o altro…
    Io personalmente credo che Stato eChiesa siano cose diverse, abbiano finalità e ambiti diversi e forse lo pensava anche Gesù… se interpreto bene il suo “dare a Cesare quello è di Cesare’… ma il nostro agire da cristiani non ha confini, è un agire politico nel senso più ampio, e noi agiamo in questa società… allora possiamo e abbiamo il diritto di poterci esprimere a modo nostro anche su questi cose, senza temere di far politica… cosa vuol dire e cos’è in fondo la politica se non occuparsi delle cose degli uomini?! e noi possiamo farlo. Con la Fantasia e la Creatività di Dio nei nostri Pensieri e nelle nostre Soluzioni. Con la sua Giustizia.
    Facciamoci venire delle idee. Facciamo tutti quello che è, intanto, alla nostra portata…
    continua…

  • Vera, 14 Gennaio 2011 @ 20:21 Reply

    2
    Io faccio quello che posso: boicotto un mucchio di cose da molti anni, prodotti, marchi, e non faccio la spesa di Domenica….

    Responsabilità Sociale delle Aziende… Stategia di Lisbona… Belle Parole… gli anni passano e intere generazioni sono ai bordi della vita, nell’impossibilità di crearsi una famiglia o di avere qualsivoglia prospettiva di futuro anche senza aggettivi… il futuro senza aggettivi…
    e non tutti sono preparati come Paolo Curtaz, o come altri, e quindi in grado di riciclarsi di continuo… “Mi spezzo
    ma non m’impiego”… è il titolo di un libro di un paio di anni fa… indovinate di cosa parlava… di
    persone spezzate e ancora senza lavoro.

    Allora il lavoro: come tutte le cose umane soggetto allo scontro titanico tra il Bene e il Male ma forse anche di più perché pericolosamente in bilico tra soldi e potere… mix esplosivo…
    non voglio parlare della mia esperienza personale… scusatemi! preferisco evitare… e poi cosa volete… sono pure una donna, “faccio parte di quella parte di umanità” che “fa” i figli… con dolore… le donne, che a volte devono pure soffrire per procurarsi il pane, soprattutto in Italia… 2 (croci) in una!
    Per me occorre che tutti impariamo a lasciarci alle spalle tutte le forme di dominio e sfruttamento a partire dai rapporti coi nostri fratelli più vicini. Nella famiglia e nei piccoli ambienti in cu mi muoviamo ogni giorno. Questo per cominciare a ripulirci dalle logiche di Potere… e per continuare con più giustizia.

    Poi, alla fine, passate la rabbia e l’impotenza, trovo consolazione per la precarietà che vedo intorno a me sempre e solo nella Parola:

    “Se il Signore non costruisce la casa invano lavorano i costruttori…
    Invano vi alzate di buon mattino e tardi andate a riposare, voi che mangiate un pane di fatica: al suo prediletto egli lo darà nel sonno.”

    “Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?”
    “Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena.”

    I poveri della terra… i prediletti del Signore..

  • maria rosaria, 14 Gennaio 2011 @ 21:32 Reply

    Dio si è rivelato come un Dio che lavora, che si riposa :

    Allora Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto.(genesi 2,2-3)

    Ma il settimo è giorno di riposo, consacrato al SIGNORE Dio tuo; non fare in esso nessun lavoro ordinario, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bue, né il tuo asino, né il tuo bestiame, né lo straniero che abita nella tua città, affinchè il tuo servo e la tua serva si riposino con te. (Deuteronomio 5,14)

    Per sei giorni farai il tuo lavoro; ma il settimo giorno ti riposrai, perché il tuo bue e il tuo asino possano riposarsi e il figlio della tua serva e lo straniero possano riprendere fiato. (Esodo 23,12)

    Voi stessi sapete che queste mani hanno provveduto ai bisogni miei e di coloro che erano con me.(Atti 20,34)

    E ci affatichiamo lavorando con le nostri mani; ingiuriati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; diffamati, esortiamo.(1Corinzi 4,12)

    Non è questi il falegname, il figlio di Maria, e il fratello di Giacomo e di Iose, di Giuda e di Simone? Le sue sorelle non stanno qui da noi? E si scandalizzavano a causa di Lui. (Mc 6,3)

    Il quale pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma spogliò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di Croce. Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, affinchè nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio PADRE.(Filippesi 2,6-11)

    Dio si è rivelato anche come un Dio che libera dalla schiavitù; lo schiavo che sopporta la sua condizione nel Cristo è già un affrancato del Signore :

    Poiché colui che è stato chiamato nel Signore, da schiavo, è un affrancato del Signore, ugualmente colui che è stato chiamato mentre era libero, è schiavo di Cristo. (1Corinzi 7,22)

    Nella speranza che anche la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio. (Romani 8,21)

    Non defrauderai l’operaio povero e bisognoso, sia egli uno dei tuoi fratelli o uno degli stranieri che stanno nel tuo paese, nelle tue città. (Deuteronomio 24,14)

    Perciò, visto che calpestate il povero ed esigete da lui tributi di frumento, voi fabbricate case di pietre squadrate, ma non le abiterete; piantate vigne deliziose, ma non ne berrete il vino. (Amos 5,11)

    Preghiere per tutti.

  • Matteo, 14 Gennaio 2011 @ 22:41 Reply

    «Quanto alla legislazione sociale, essa è un bene od un male comune a tutta l’Europa; né si vede perché essa dovrebbe essere colpevole da noi di conseguenze alle quali altrove è ritenuta relativamente estranea. Ed è inoltre da dimostrare che essa rialzi i costi di produzione italiani più di quanto li rialzi all’estero. In quanto essa raggiunge in realtà lo scopo suo, di tutelare l’igiene, la salute, la vita degli operai, essa contribuisce non a rialzare bensì a ridurre i costi di produzione; non potendosi certamente affermare che un operaio sano, lavorante in ambienti igienici, per un numero non eccessivo di ore, assicurato contro gli infortuni ecc. ecc. sia più costoso di un operaio non egualmente avvantaggiato da cotali presidii. La legislazione sociale diventa costosa quando è pretesto a ricatti di avvocati o di medici senza scrupolo, quando impone norme inutili all’operaio e dannose all’industria ecc. Non posso certo escludere che già in Italia si sia andati in questi eccessi. Mi sembra però esagerato volere elevare alcune circostanze particolari alla dignità di causa di una crisi generale, come quella che affligge l’industria italiana.

    È nelle condizioni intrinseche della industria che noi dobbiamo cercare la causa del malessere e non in condizioni esteriori, che del malessere sono le conseguenze o, tutto al più, gli indici appariscenti. Se l’industria fosse solida e sicura non avrebbe timore di pagare salari alti o di soddisfare alle regole oneste della legislazione sociale. E stiano pur sicuri gli industriali, essi troverebbero facilmente credito presso banche o presso privati.

    Il problema non è, ora, di rinvangare il passato con recriminazioni inutili; ma di provvedere all’avvenire. Perciò non giova gridare “dalli al ladro!” mentre la colpa è in noi. Occorre risanare l’industria; e quando questa sarà riposta su salde basi, il capitale tornerà fidente ad essa. »

    LUIGI EINAUDI, “Intorno al credito industriale”, Torino, 1911

    Mi scuso per la lunghezza del post, ma l’attuale vicenda della Fiat continua a riportarmi alla mente queste parole scritte ormai cent’anni fa dal II Presidente della Repubblica Italiana, un economista di matrice liberista!, che mi sembrano assolutamente valide per il presente ed applicabili anche oltre il caso Mirafiori… Da una parte e dall’altra, ci siamo tanto impastati la bocca di “diritti” – cosa di per sé giusta, anzi sacrosanta – che non ci siamo accorti dello scivolamento in forme di abuso che finivano per vilipendere l’idea stessa di giustizia senza vantaggio per nessuno e con danno altrui. Pensiamo solo, per es., all’assenza per malattia… Come non contestare certe forme di assenteismo assurdamente generalizzato fra i lavoratori, combinazione in concomitanza delle feste comandate o dei ponti? E allo stesso modo, come non dissociarsi da quelle forme di reazione aziendale volte a negare il riconoscimento dello stipendio per i primi giorni di malattia in modo indiscriminato, senza verificare chi froda e chi no?? Ecco, è proprio l’abuso di certi (sacrosanti) diritti che porta a schierarsi su barricate contrapposte, sbagliando – e gravemente – da ambo le parti… Finché si preferirà continuare a recriminare sul passato, anziché sedersi attorno a un tavolo per cercare tutti, in spirito di leale collaborazione, le strade migliori per combattere quegli abusi che tutti danneggiano e per incrementare quelle tutele che tutti avvantaggiano…si farà ben poca strada per risanare l’industria! Comprenderemo, una buona volta, che certe criticità diffuse (dal precariato del lavoro alla messa in discussione di diritti acquisiti) sono indici di malesseri ben più profondi e difficili da risolvere in quattro e quattr’otto? Sapremo soprassedere al nostro “orgoglio di classe”, da ambo le parti, per cercare con onestà intellettuale e senza preconcetti soluzioni condivise a problemi comuni? Riusciremo, dal piccolo del nostro ufficio al grande delle strutture aziendali o addirittura dei commerci internazionali, a ritrovarci sull’essenziale del “mangiare il proprio pane lavorando in pace” (2Ts 3,12), capaci di collaborarvi al di là degli schieramenti precostituiti? È quello che chiedo al Signore, per il bene del nostro Paese.

  • maria rosaria, 15 Gennaio 2011 @ 14:01 Reply

    Matteo,

    Possa il Signore esaudire la tua preghiera come quella di milioni di fratelli!

  • Vera, 15 Gennaio 2011 @ 15:18 Reply

    Qualcosa di più personale. Perché serve al discorso.
    Ho 46 anni, da giovane ho potuto fare le mie scelte, di studio e di vita… forse sbagliando qualcosa… ma è andata così. Faccio parte di quelle generazioni illuse, che si sono ritrovate a fare i conti con un mercato del lavoro italiano marcio, corrotto. Chiuso. Niente spazi liberi fuori da compromessi o raccomandazioni italiane. Ho fatto Mille Lavori nella mia vita. (mentre nei dibattiti in TV dicevano che si cambia lavoro almeno 7 volte e io mi dicevo Wow! che bello solo 7!!… dov’è che sto sbagliando?!!) Impegnandomi a farli Tutti bene, e ogni volta ho imparato tante cose, mi sono sempre riciclata e la mia Esperienza ora assomiglia al sacco da cui posso tirar fuori di tutto. Di questo non smetto di ringraziare Dio. Quando non ci sono per me all’orizzonte lavori retribuiti io presto il mio lavoro gratuito e le mie esperienze dove credo che possano servire… perché per me lavorare è importante. E’ Vita! Mi piace.
    Non mi aspettano pensioni, non so dove né come finirò i miei giorni. Mi affido a Dio.

    Matteo dice e sono d’accordo: “anziché sedersi attorno a un tavolo per cercare tutti, in spirito di leale collaborazione, le strade migliori per combattere quegli abusi che tutti danneggiano e per incrementare quelle tutele che tutti avvantaggiano…. per cercare con onestà intellettuale e senza preconcetti soluzioni condivise a problemi comuni? Riusciremo, dal piccolo del nostro ufficio al grande delle strutture aziendali o addirittura dei commerci internazionali…”

    I vecchi più saggi, quelli che parlavano con più calore in Italia sono quasi spenti…. Non moltissimi ormai… ma ancora alcuni fra quelli della mia età rischiano di impantanarsi in discussioni ideologiche che lasciano tutti insoddisfatti. L’attuale classe politica… meglio che io non dica nulla… Io non ne posso più… di sterili parole, dico… non di ideologie, o di vecchi modelli che vanno sempre studiati, analizzati, comparati… per non commettere gli stessi errori… per superarli…

    Oggi vivo in un luogo di grandi contraddizioni dove esistono ricchezze sfrenate, ostentate, e povertà estrema; dove, se il tuo lavoro non serve più, ti danno il preavviso di 15 giorni e perdi tutto quello che hai… (grande scuola continua di Padre Nostro fin dal mattino come potrete capire…) Dove ci sono Tempi di lavoro strapagati e Tempi di lavoro rubati per un pezzo di pane. Niente garanzie. E soffro davvero per le ingiustizie!

    Non vedo una nazione della Terra in cui non ci siano storture, sfruttamenti o tentativi di fare i furbi nel lavoro (“sia padroni che operai”)… non vedo Modelli Completi pronti da imitare, ma solo buoni esempi qua e là… utili per ritentare un collage di Buone Pratiche. In alcuni paesi vedo un modo diverso di considerare l’economia e l’accesso al Credito, in altri un sistema di Protezioni e Garanzie sociali per le fasce più deboli, in altri posti maggiore attenzione alle Donne, al loro lavoro importantissimo, e alle Famiglie. Altrove si pensa di più alla Formazione, in certi paesi a distribuire più equamente i Tempi e i Modi del lavoro… in altri luogi ancora si Produce e si Vende più umanamente e nel rispetto degli uomini del Pianeta e della Salute. Altri poi inventano Nuove Occupazioni nel tentativo pure Ecologico di proteggere e salvare noi e la nostra Terra insieme… Tutte cose che mi piacciono…

    Io credo che occorra ripensare tutto il nostro vivere questa terra. Anche qui tornare all”Essenziale. Nei Consumi e nei Desideri. Nel modo di organizzare e gestire il nostro Tempo. Soprattutto nell’Educazione dei nostri figli.
    Non so che spazi e possibilità troverà mio figlio da grande. Che lavoro farà? Con quale mondo si confronterà?

    Per me i giochi sono abbastanza decisi… ormai… mi riciclerò ancora, è normale… ma la mia speranza per il futuro è nei nostri figli… per questo Io da subito ho dato e continuo a dare a mio figlio strumenti critici per capire e risolvere problemi. Per non spegnere il suo giovane entusiasmo e la sua creatività. Perché ricordi sempre la dignità dell’Essere Uomo prima che qualsiasi altra cosa. Per non dimenticare il passato… ma anche per non farsi inglobare in questo nostro pericoloso presente, che induce e trascina in cose inutili e fuorvianti.
    Poco funzionali alla Vita Eterna. Fate lo stesso anche voi coi vostri figli, per favore… offrite loro un modo alternativo di rapportarsi alla realtà, (Consumi e Desideri compresi). E chi non ha più figli propri da educare… perché cresciuti o altro… preghi per… e incoraggi… gli altri.
    La preghiera: più forte di ogni cosa.

  • costanza, 17 Gennaio 2011 @ 13:39 Reply

    Da una regione che il lavoro non ce l’ha (e non è un caso se prima di Mirafiori Marchionne abbia fatto le prove generali su Pomigliano), e dove sempre più spesso la prospettiva è quella del ‘lavoro criminale’ 8500 euro alla settimana per fare il palo nelle piazze di spaccio), credo che una delle poche soluzioni sia cambiare le regole. Un esempio: il gruppo d’acquisto solidale (che richiede una gran quantità di energia ‘volontaria’ in chi lo manda avanti) sostiene un tot di produttori locali con il taglio della filiera; paghiamo le arance quanto vengono pagate al mercato (1.50 al kg prendendole direttamente dal produttore, che altrimenti le venderebbe a 0.7 cm al kg. In questo modo il piccolo produttore può reggere anche con pochi alberi senza svendere il proprio terreno, e noi mettiamo come condizione che i lvoratori che lui impiega siano in regola con la legge e non sfruttati, e che il terreno venga lavorato il più possibile vicino al biologico. La logica che sottintende il tutto è, almeno per me, biblica. la terra non deve essere ipersfruttata e rovinata, i lavoratori hanno diritto a paghe giuste e riposi, il prodotto serve a vivere a me che lo compro come a colui che lo vende. Ovviamente questo non corrisponde alla logica dell’ipermercato, che vende 7 giorni su 7 (anch’io cerco di non fare la spesa di domenica), ha una filiera lunghissima in cui chi guadagna sono gli intermediari, inquina e se può risparmia riducendo il personale e pretendendo turi impossibile. Portiamo avanti un nuovo modello di sviluppo?

  • costanza, 17 Gennaio 2011 @ 13:43 Reply

    Pardon, errore di battitura: la paga di un palo è 500 euro a settimana. Il Sistema paga, ma mica così bene!

  • tinni, 8 Giugno 2011 @ 21:03 Reply

    il lavoro è la mia angoscia……………non si è può essere uomini senza un lavoro, senza avere certezze non di ricchezze ma di un minino per guadagnarsi una dignità in una società come la nostra.

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