la seconda parte di meditazione sulla Samaritana
Ma la Samaritana gli disse: “Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana? ”. I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani.
La donna si irrigidisce, pensa ad un abbordaggio.
Ha perfettamente ragione: stiamo per assistere ad un lungo corteggiamento da parte di Dio.
Nella cultura africana il pozzo è il luogo dell’incontro, della comunicazione, della chiacchiera. Nella Bibbia il pozzo è il luogo per eccellenza del corteggiamento: ad un pozzo Giacobbe incontra Rachele, la sua futura sposa (Gen 29,9), ad un pozzo il fuggiasco Mosè, principe d’Egitto, incontra la sua futura sposa, Zippora, figlia di Ietro, sacerdote di Madan (Es 2,10.22)!
Ma qui lo sposo è stanco, non muscoloso e bello; timido, non coraggioso e sfrontato.
La donna è stupita e scocciata, si mette sulle difensive, Due sono le ragioni del suo stupore: un maschio ha l’impudenza di rivolgerle la parola e questo maschio è pure ebreo!
Nessun uomo poteva rivolgere la parola ad una donna fuori dalle mura domestiche. Se un marito incontrava sua moglie al mercato era opportuno non salutarla!
Gli ebrei e i samaritani, poi, vivevano in pessime relazioni.
Dopo la caduta del Regno del nord, avvenuta ad opera degli Assiri nel 722 a.C. una parte della popolazione si mischiò con l’invasore, dando origine al popolo di Samaria che veniva perciò visto dalla gente del sud, dagli abitanti di Gerusalemme come meticci idolatri.
I samaritani venivano chiamati gentilmente “i cani di Samaria” e tale odio era contraccambiato al punto da rendere pericoloso, per un ebreo l’attraversamento di villaggi samaritani.
La domanda che rivolge a Gesù è un chiaro “altolà”: stai al tuo posto, che vuoi da me?
(Questo brano lo faccio spesso meditare ai catechisti e ai genitori: Gesù parte da una situazione di svantaggio assoluto ma senza irrigidirsi, con la sola forza delle parole riuscirà a portarla a scoprire la fede!)
Gesù le rispose: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere! ”, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva”.
Gesù non coglie la provocazione e ribatte con eleganza; è come se dicesse: “Che importa chi siamo? Le diversità uomo-donna, ebreo-samaritana? Siamo entrambi assetati, la sete ci accomuna. Ma io posso darti dell’acqua viva!”
Acqua viva: per la donna è acqua di sorgente, non acqua stagnante di pozzo, per Gesù è l’acqua della fede. La donna ancora non conosce il dono di Dio, né chi è veramente lo straniero che le parla. Dio, spesso, ci è accanto senza che i nostri occhi interiori riescano veramente a riconoscerlo.
Gli disse la donna: “Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge? ”.
“Chi ti credi di essere?” ribadisce la donna. È ancora tutta sulle difensive, per la seconda volte pone una domanda provocatoria. Questo straniero promette dell’acqua di sorgente quando il grandissimo Giacobbe potè donare solo acqua di pozzo. Chi si crede di essere?
Rispose Gesù: “Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna”.
Nuovamente Gesù non raccoglie la provocazione e osa di più: siamo entrambi assetati, ma io posso darti un’acqua che estinguerà per sempre il tuo desiderio. Giacobbe è riuscito a spegnere la sete della gola, io ti darò un’acqua che estingue la sete di felicità che alberga nel tuo cuore, un’acqua che zampilla per l’eternità.
Gesù suscita in lei il desiderio di un’acqua più profonda.
“Signore, gli disse la donna, dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua”.
Il clima sta migliorando: la donna non risponde più con una domanda, né mette in discussione le intenzioni di quest’uomo. Ora chiede: i confini tra acqua reale e acqua spirituale in lei sono ancora ambigui, ma intuisce che c’è qualcosa di strano e di grande in quanto questo sconosciuto le sta dicendo.
Le disse: “Và a chiamare tuo marito e poi ritorna qui”.
“Vai a chiamare tuo marito!”, lo sposo chiede ragione alla sposa delle sue precedenti esperienze e lei reagisce male! Scopriamo la ragione del fatto che la samaritana va a far acqua a mezzogiorno: semplicemente non vuole incontrare nessuno. Cinque mariti: in Israele solo il maschio può ripudiare; la samaritana è stata sedotta e abbandonata cinque volte! Esiste un dolore più grande? Ora la donna convive con un uomo: probabilmente ustionata dalle precedenti esperienze, sceglie il giudizio della gente al rischio di un ennesima delusione.
È una donna segnata dal dolore, irrigidita, ferita. Capiamo la sua ostilità: abituata ai troppi pettegolezzi, non sa che chi le sta di fronte la conosce nel profondo, senza giudicarla.
Gesù impone un cambio di registro inatteso: per avere l’acqua che disseta per sempre deve guardarsi dentro, riconoscere che finora ha attinto a cisterne screpolate, che si è dissetata ad acqua salata.
Gesù chiede autenticità, verità: solo il nostro vero “io” può incontrare il vero Dio.
La donna è spiazzata, il fiato le manca: come fa quest’uomo a conoscerla così tanto? Perché le chiede del marito? Forse vuole conoscerlo?
Rispose la donna: “Non ho marito”. Le disse Gesù: “Hai detto bene “non ho marito”; infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero”.
“Non ho marito”. La donna è onesta, non mente, accetta la sfida di questo sconosciuto, si mette in gioco. Dove vuole arrivare? Perché le chiede del marito? Come fa a sapere?
La risposta di Gesù è un capolavoro: lui sa, conosce.
Conosce il dolore della donna, conosce le sue cocenti delusioni, sa.
Non è un problema morale, Gesù non la accusa, la invita solo a prendere coscienza della propria fragilità affettiva. Non solo: in un momento così delicato sottolinea il positivo: “hai detto bene…”, nel caos interiore di questa povera donna Gesù coglie una positività: è onesta, trasparente, non mente.
È in un contesto di fragilità che avviene la chiamata.
Dio non chiama i giusti, ma i peccatori,
non i sazi, ma gli affamati.
Gli replicò la donna: “Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare”.
La Samaritana è frastornata, prende tempo. Non se ne va, è incuriosita dall’atteggiamento pieno di rispetto e di calore dello straniero. Prende tempo, deve capire. E la butta sul religioso.
Quante volte succede anche a me! Alla fine di una cena, in un incontro fugace, inizia la discussione su temi di religione.
Fatico, lo confesso, e col passare degli anni peggioro: non ho nessuna voglia di discutere su temi di religione.
Ho voglia di parlare della mia esperienza, di ascoltare, di guardarci dentro. Ma sciacquarsi la bocca di temi astratti no, grazie.
La Samaritana pone a Gesù uno strano quesito: i samaritani avevano costruito un Tempio sul monte Garizim, in aperta sfida ai fratelli ebrei che il Tempio l’avevano ricostruito a Gerusalemme: dove bisogna adorare Dio?
Gesù le dice: “Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità”.
Gesù, ancora una volta, accetta la domanda con immensa pazienza: Dio si è rivelato al popolo di Israele, è al popolo di Israele che ha rivelato il suo volto. Ma è giunto il tempo in cui Dio cerca degli adoratori in spirito e verità, non più legati ad un luogo specifico.
Mentre Gesù parla il tempio sul monte Garizim non esiste più da tempo. Comunque, se fosse esistito, questa donna non avrebbe potuto entrarvi, perché pubblica peccatrice.
Così come mai avrebbe potuto mettere piede nel nuovo Tempio di Gerusalemme…
È un’esclusa, una tagliata fuori la Samaritana.
Gesù le sta dicendo che Dio la vuole incontrare nel suo cuore, che lei può diventare il Tempio che accoglie l’immensità di Dio.
La donna ora vacilla, si scioglie.
È dunque così bello quello che sta dicendo questo profeta?
Dio la ama davvero? Malgrado tutto?
Gli rispose la donna: “So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa”.
Forse sì, chissà. Verrà il Messia, capiremo tutto meglio.
Le disse Gesù: “Sono io, che ti parlo”.
Gesù scopre le carte, la donna è pronta ad accoglierlo. Il suo cuore è gonfio d’attesa, la sete immensa che arroventa la sua vita la fa esplodere. Il Messia verrà. No: il Messia è qui e ti parla.
Di più: Giovanni osa, come altrove; potremmo tradurre la risposta di Gesù:
“Io Sono parla con te!”
“Io Sono”, il nome impronunciabile di Dio.
Dio ti sta parlando, lo sposo è qui con te.
La protagonista nel Vangelo di Giovanni non è forse la Parola? Gesù non è forse la Parola che Dio dona all’umanità?
Ora tutto è chiaro: Dio desidera dissetare la Samaritana, colmare il suo cuore.
(…) La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: “Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia? ”. Uscirono allora dalla città e andavano da lui. (…)
La brocca resta: ormai la donna ha scoperto l’inaudito, che le importa?
Corre al villaggio e chiama la gente che fuggiva, urla la sua esperienza.
La sua vergogna, il suo timore, diventa oggetto di annuncio, ciò che temeva diventa lo strumento per condurre la gente al Messia.
Anche le nostre povertà, anche i nostri limiti possono diventare trampolino per l’annuncio del Vangelo. La donna ora è libera: libera dal giudizio degli altri, libera dalle sue precedenti esperienze: ora è amata, ha trovato lo sposo!
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: “Mi ha detto tutto quello che ho fatto”. E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e dicevano alla donna: “Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo”.
Nessuno converte nessuno: è Dio che converte, è lui che cambia i cuori.
Possiamo parlare del Signore, indicarlo, invitare le persone a conoscerlo, ma fino a quando la fede non diventa adesione personale, incontro cuore a cuore, non possiamo ancora dirci discepoli.
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