Sei agosto, festa della trasfigurazione. Facile celebrarla, oggi, in una giornata col vento freddo e il cielo terso, giocando con l’aquilone insieme a Jakob nel mio rifugio alpino, . Facile, per me, andare con la memoria a quella piccola collina vicino a Nazareth, il Tabor, con i suoi alberi frondosi e la vista che spazia, immaginando i tre apostoli che vedono, infine, la bellezza di Dio. Sei agosto per ricordarci, nel cuore dell’estate e delle nostre città svuotate, che la bellezza salverà il mondo. Sei agosto per ricordarci che il bello ci riempie il cuore, che la bellezza ci è indispensabile. E’ un mondo brutto, il nostro, in cui prevale l’eccesso, l’urlo, l’oscenità, in cui non ci si stupisce più, riducendo la bellezza a ostentazione del sè. Ieri sono stato chiamato a tenere una chiacchiera a 40 quindicenni ad un campo scuola e il loro prete mi diceva, sconfortato, con quanta fatica li trascina in montagna, come se non avessero sguardo per vedere la bellezza del panorama che li circonda.
Ma il sei agosto è anche la data della bomba sganciata su Hiroshima, che segnò la fine della Guerra Mondiale e dell’innocenza dell’occidente. Una bomba forse necessaria, dicono gli storici, per abbreviare il tempo e le vite che sarebbero occorse per arrivare a Tokio ma che, uccidendo centomila civili inermi, aprì l’orrenda stagione della minaccia nucleare.
E un altro sei agosto vide spegnersi, nella calura estiva della distratta Roma, il grande papa Paolo VI, fine intellettuale bresciano, spirito sensibile, aperto alla novità del Concilio, che vide i suoi sogni infrangersi nell’inattesa reazione di una parte di Chiesa che trovò nel Concilio una scusa per stravolgere il cristianesimo e che soffrì, accusato dai progressisti di lentezza e dai conservatori di ingenuità, come venne accusato il suo amico Aldo Moro, portatore di una nuova stagione nella politica italiana e travolto dalla deriva estremista della stessa. Uomini di confine, portatori delle contraddizioni dei tempi difficili in cui vissero. Eppure innamorato di Cristo teneramente, timidamente, e ancora mi intenerisce la sua flebile figura e la sua voce invecchiata, grande Papa che cercò di condurre la barca della Chiesa fra i venti impetuosi della modernità.
22 Comments