L’invisibile in mezzo a noi. Siamo talmente travolti dal visibile, dai ritmi frenetici di una vita che peggiora continuamente in qualità, da non avere più la capacità e la forza di rintracciare l’invisibile che abita in mezzo a noi. Che tempo è il tempo che stiamo vivendo? Assistiamo all’inesorabile ( e profetato) declino della religiosità? Al di là degli eventi di massa legati a momenti di forte impatto emotivo (i funerali di papa Giovanni Paolo), dobbiamo rassegnarci ad una appartenenza alla fede personale e saltuaria? Sarò più drammatico ancora: dottore, come sta il paziente cristianesimo italiano? Alcuni medici dicono che il cristianesimo italiano è destinato a morire: lo zoccolo duro della Chiesa italiana, rappresentato da una parte del popolo italiano cristiano per tradizione, sta inesorabilmente invecchiando e, perciò, scomparendo; i numeri ci sono contro e sempre meno italiani si dichiarano “praticanti”, lo scollamento fra le posizioni ufficiali della gerarchia e le convinzioni personali è sempre più evidente, lo scontro di inciviltà, venduto per scontro di religioni, ha ulteriormente approfondito il solco che separa la parte intellettuale della società che guarda con sospetto ad ogni professione di fede identificata, tout court, con fanatismo. Altri medici dicono che, invece, il cristianesimo italiano sta piuttosto bene: una grande vivacità della base e dei movimenti, che testimonia le moltissime anime della Chiesa lo testimonia, l’avvicinamento da parte di adulti che riscoprono la fede (fenomeno marginale per quantità ma interessante per qualità di scelta), l’interesse per la Parola e la spiritualità dicono, invece, che il cristianesimo, soprattutto nel suo versante interiore, di ricerca dell’invisibile e meno nell’aspetto socio-culturale, sta benissimo. Certo i problemi non mancano: le parrocchie e, ahimè, i preti rappresentano il primo problema della Chiesa oggi. I preti sono investiti da molte responsabilità, con parrocchie sempre più estese e situazioni paradossali di inglobamento di ruoli che portano spesso il prete a vivere con disagio la propria missione in una crescente incomprensione. Non mancano, poi, in un clima di grave crisi vocazionale, le scorciatoie per cui non si va troppo per il sottile nella scelta dei candidati al sacerdozio. Le parrocchie, volto povero dell’annuncio evangelico, fanno l’impossibile, ma sacrificano la stragrande maggioranza delle proprie (poche) energie a mandare avanti la baracca. Il secondo problema, dal mio punto di vista, è rappresentato dalla comunicazione carente. Non sappiamo più dire il Vangelo, ci mancano parole semplici, efficaci, immediate, che raggiungano al cuore un adulto del 21mo secolo. È vero che il cambiamento culturale mette in crisi strutture molto più all’avanguardia della nostra (penso all’Università e, in generale, al mondo educativo scolastico), ma se non riusciamo a dire il Vangelo falliamo l’obiettivo principale che giustifica l’esistenza della Chiesa. Ma, accanto i problemi, abbiamo anche delle risorse immani: la differenza, vera ricchezza della Chiesa italiana, la quale, proprio perché percorsa da mille anime, può stare serena sul proprio futuro. A patto che le differenze non vengano appiattite o subdolamente emarginate. Proprio perché nella stessa Chiesa troviamo movimenti con sensibilità molto diverse, o stili e carismi abbondanti, il cristianesimo ha un futuro. A patto che nessuna esperienza si definisca la sola esperienza e pretende di fare proseliti all’interno della comunità!Altra enorme risorsa è la riscoperta della Parola di Dio, la grande dimenticata del post-Concilio. Con la meditazione e la conoscenza affettuosa e spirituale della Parola di Dio possiamo dare all’uomo contemporaneo una chiave di lettura originale per rileggere la propria esperienza di vita… Infine la preghiera, una preghiera da rivedere radicalmente nei modi e negli stili, che – sul serio – sia praticabile da ogni cercatore di Dio, possibilmente legata alla Parola del giorno, che occupi non più di cinque minuti quotidiani, utilizzando, come già accade, lo stupefacente strumento che è Internet o la radio o la carta stampata. In un tempo in cui non c’è tempo, la qualità della proposta spirituale dev’essere elevata: una pausa quotidiana minima, da carbonari, la messa domenicale (se possibile) e due giorni all’anno di momento forte possono essere sufficienti per riscoprire il Cristo uomo nuovo. Come capitò per i primi cristiani, abbiamo l’occasione unica di ridire la fede, di tracciare nuovi sentieri, l’ebbrezza delle scelte diverse dal passato. Per reimparare a vedere l’invisibile che è in mezzo a noi.
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