Assisto ad un dibattito televisivo sulla pedofilia e la Chiesa. Interventi abbastanza forti, alcuni migliori di altri, conduttore, al solito, troppo presente con la sua posizione (ovviamente ferocemente anti cattolica). Dice bene un ospite: è un tema terribile, smuove le profondità delle coscienze, turba il bambino che c’è in noi, nessuno ne è esente. E’ davvero difficile ragionare con lucidità, come cristiano (e prete in aspettativa) sono scosso da quanto sento, cerco di muovermi con prudenza nel giudicare, di non massimizzare. Una cosa è certa: la storia dei preti pedofili sta dando un colpo terribile alla Chiesa intera, al messaggio del vangelo, e questa mi addolora profondamente. Non è un problema di statistica (alcuni dicono, giustamente, che i casi di preti pedofili sono qualche centinaio, che nel mondo dello sport sono dieci volte tanto, ma anche un solo prete sarebbe di troppo), o di prassi ecclesiale discutibile (molte le ragioni della eccessiva “prudenza” di certi prelati, comunque è una cosa da rivedere nel villaggio globale che è il mondo), qui è in gioco la verità del vangelo. Gesù ha difeso ad oltranza i deboli del suo tempo, fra cui i bambini: “Chi di voi scandalizza anche uno solo di questi piccoli, è meglio per lui che si metta una macina al collo e si getti in mare” e l’idea che proprio i bambini siano vittima di abusi (le statistiche parlano di una bambina su tre e un bambino su cinque che fanno esperienza “improprie” della propria sessualità con adulti!) e che a farli siano dei preti è sconcertante. Certamente questa storia cambierà nel profondo la Chiesa, la obbligherà a rivedere certe prassi (quella del “foro interno” per cui i panni sporchi si lavano in famiglia, ad esempio), a ripensare la formazione dei presbiteri (che ha fatto pochissimo i conti con la rapida evoluzione del costume), e anche della visione della sessualità, ancora poco biblica e troppo moralista. Mi resta, stamani, un senso di disagio che trasformo in preghiera, anzitutto per le tante vittime che hanno vissuto questa gravissima esperienza (riuscir Dio a sanare il loro cuore con la sua tenerezza?), per la Chiesa intera (che davvero si interroghi e agisca) e, evangelicamente, per i carnefici, che si pentano e si convertano nel profondo. E ‘ davvero il tempo della grande tribolazione e noi discepoli, consapevoli dei nostri limiti, ma anche molto esigenti a non rendere vano il Vangelo costruendoci una morale su misura, possiamo profittare di questo tempo per tornare all’essenziale; una Chiesa più evangelica, meno sulle difensive, più trasparente, più ancorata a Cristo che non l’abbandona.
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